personaggi e uomini politici napoletani

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Arc. 1600: Marchese Emiddio Antonini ( L’Aquila 15 Agosto  1787 – Parigi 1 Settembre 1862 ). Nominato nel 1822 ufficiale di I classe del Ministero degli Esteri, ebbe una carriera diplomatica abbastanza movimentata e che si svolse in momenti particolarmente difficili. Si dimostrò uno dei più abili diplomatici napoletani, sempre teso a tutelare il prestigio del regno all’estero, dotato com’era d’uno spirito battagliero e di una grande capacità di osservazione. Ferdinando II, che lo apprezzava molto, gli dette prima il titolo di Barone di Torano e poi quello di Marchese. Nominato nel febbraio 1827vsegretario di legazione a Parigi, fu inviato nel luglio dell’anno dopo in Brasile come incaricato d’affari e nel maggio 1831 con lo stesso grado a Madrid dove svolse una brillante azione diplomatica in difesa del legittimismo. Fu ricompensato con la promozione a ministro plenipotenziario presso il re di Prussia nell’ottobre 1833. Nel gennaio 1849 fu nominato plenipotenziario a Vienna, senza però raggiungere il suo posto perché nell’aprile fu destinato come ambasciatore in Francia, raggiungendo la nuova sede nell’ottobre. Antonini curò fino all’ultimo i contatti con la Francia napoleonica, aiutando sia la missione di Giacomo De Martino nel giugno 1860 che quella di Augusto La Greca nel luglio. Il marchese rimase a Parigi, dove si spense qualche tempo dopo. Fotografia CDV. Fotografo: Disderi & C.ie – Paris. 1860 ca.

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Arc. 1053: Liborio Romano (Patù, 27 ottobre 1793 – Patù, 17 luglio 1867). Figlio primogenito di una nobile e antica famiglia, studiò dapprima a Lecce e poi, giovanissimo, prese la laurea in giurisprudenza a Napoli e ottenne subito la cattedra di Diritto Civile e Commerciale all’Università partenopea. S’impegnò presto nella politica, frequentando ambienti carbonari e abbracciò quindi gli ideali del Risorgimento italiano, fu membro della Massoneria. Nel 1820 prese parte ai moti, per cui venne destituito dall’insegnamento, imprigionato per un breve tempo e poi inviato prima al confino e poi in esilio all’estero. Nel 1848 tornò a Napoli e partecipò agli avvenimenti che condussero alla concessione della costituzione da parte del re Ferdinando II di Borbone. Ma il 15 maggio 1848, dopo il sangue versato a Napoli nei moti liberali che avevano risentito di una certa improvvisazione, Romano fu nuovamente imprigionato. Egli chiese quindi al ministro di polizia la commutazione della pena della detenzione in quella dell’esilio. La sua richiesta venne accolta. Romano dovette perciò risiedere in Francia, a (Montpellier e poi a Parigi), dal 4 febbraio 1852 al 25 giugno 1854. Nonostante le sue idee, nel 1860, mentre con la spedizione dei Mille si apriva la fase finale del regno delle Due Sicilie, Liborio Romano venne nominato dal re Francesco II prefetto di Polizia. Il 14 luglio dello stesso anno il Romano divenne anche ministro dell’interno e direttore di polizia. In tale difficile fase, mentre l’Esercito meridionale cominciava a risalire la penisola, Romano iniziò a prendere contatti segreti con Camillo Benso conte di Cavour e con Giuseppe Garibaldi per favorire il passaggio del Mezzogiorno dai Borbone ai Savoia. Il contatto con Cavour avvenne tramite l’ambasciatore Sardo e l’ammiraglio Persano. Fu lo stesso Liborio Romano a spingere il re Francesco II di Borbone a lasciare Napoli alla volta di Gaeta senza opporre resistenza, per evitare sommosse e perdite di vite umane. Il giorno dopo, il 7 settembre 1860, andò a ricevere Giuseppe Garibaldi, che giungeva a Napoli quasi senza scorta, direttamente in treno, senza che vi fosse alcun tipo di contrasto e accolto da festeggiamenti di piazza. Francesco II, nel suo proclama emanato da Gaeta l’8 dicembre 1860, affermò: “I traditori pagati dal nemico sedevano accanto ai fedeli nel mio consiglio” e Liborio Romano, in quel periodo non solo era presente in quel consiglio, ma rivestiva pure incarichi importati. Scriveva, a tal proposito, lo stesso Romano nelle sue Memorie: «Fra tutti gli espedienti che si offrivano alla mia mente agitata per la gravezza del caso, un solo parsemi, se non di certa, almeno probabile riuscita; e lo tentai. Pensai prevenire le tristi opere dei camorristi, offrendo ai più influenti loro capi un mezzo di riabilitarsi; e così parsemi toglierli al partito del disordine, o almeno paralizzarne le tristi tendenze». Fu creata, così, una «specie di guardia di pubblica sicurezza», tra i suoi membri c’erano i camorristi organizzati in compagnie e pattuglie, per controllare tutti i quartieri della capitale. Romano ottenne da Garibaldi la conferma nel ruolo di ministro dell’Interno che tenne quindi fino al 24 settembre 1860, data in cui entrò a far parte del Consiglio di Luogotenenza, ove rimase fino al 12 marzo 1861. Nel gennaio 1861 si tennero le prime elezioni politiche per il costituendo Regno d’Italia, e Liborio Romano venne eletto deputato, vincendo in otto diverse circoscrizioni. In quegli anni presenta una serie di interpellanze e denunce. La sua esperienza parlamentare ebbe fine il 25 luglio 1865 e Romano si ritirò nella sua terra d’origine ove rimase fino alla morte, avvenuta il 17 luglio 1867 nella natia Patù, dove riposa, nella cappella di famiglia di fronte al Palazzo Romano. Fotografia CDV. Fotografo: J.H.Gairoard – Napoli. 1860 ca.

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Arc. 1930: Francesco Antonio Casella ( Napoli 19 Maggio 1818 – Napoli 1 Aprile 1894 ). Già in giovane età era considerato uno dei più capaci magistrati napoletani in seguito uno dei più brillanti avvocati del foro napoletano. Entrato in magistratura nel 1845, nel 1848 era già giudice della Gran Corte criminale di Santa Maria, diventando nel 1852 sostituto procuratore generale del Re a Salerno. Passato nel 1854 sempre come sostituto procuratore generale alla Gran Corte criminale di Terra di Lavoro, nel 1857 fu infine trasferito presso la ben più importante Gran Corte di Napoli. Distintosi come magistrato per indulgenza testimoniando e facendo testimoniare senza alcuna esitazione in favore di liberali, non ebbe timore come pubblico ministero di chiedere in alcuni processi politici l’assoluzione degli imputati. Al momento della formazione, nel giugno 1859, del governo Filangeri, proprio per sottolineare una certa volontà di allentare la pressione poliziesca, Casella fu nominato Ministro della Polizia. Da Ministro, Casella fu l’estensore dei decreti che condonarono le pene residue a molti condannati del 1848-49 e delle misure che permisero il rimpatrio a parecchi emigrati. Ma il decreto più importante controfirmato da Casella, fu quello del 16 giugno 1859 che aboliva le liste degli “attendibili”, cioè dei sorvegliati politici, ammontanti allora per le sole provincie al di qua del Faro a circa trentaduemila persone, e che erano sottoposti a vessazioni e restrizioni di vario genere. Ma le reazioni suscitate da questo provvedimento nella corte e forse un ripensamento di Francesco II costrinsero il Casella, ad appena sei giorni di distanza, a inviare una circolare segreta agli intendenti sui criteri da seguire con gli ex attendibili, che praticamente annullava quasi il decreto emanato. Ma la circolare non rimase segreta e il governo Filangeri e ancora di più il Casella persero molta della loro credibilità. Il 28 Settembre 1859 Casella fu sostituito da luigi Ajossa. Ritornò così in magistratura, come consigliere della Corte Suprema di Giustizia, ma durante il governo dittatoriale di Garibaldi venne destituito dalla sua carica. Casella fu così costretto a riprendere la professione di avvocato e fiero e dignitoso com’era, non si perse in querimonie, ne tentò di discolparsi. Occupò un posto preminente per circa venti anni fra gli avvocati di Napoli che lo elessero per sette volte consecutive nel Consiglio dell’Ordine. Fotografia CDV. Fotografo: Sconosciuto. 1860 ca.

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Arc. 2185: Carlo Capece Galeota Duca della Regina ( Napoli 17 Febbraio 1824 – Napoli 14 Agosto 1908 ). Fu uno degli esponenti di maggiore spicco dell’emigrazione politica napoletana a Roma nel decennio 1860-70. Alla caduta del regno il Duca della Regina ritenne doveroso, come membro di quella parte della classe dirigente borbonica che ruotava intorno alla corte, emigrare a Parigi.Nel triennio 1854 – 1857 lo troviamo deputato del Supremo Magistrato della Salute di Napoli, consigliere della commissione per i titoli di Nobiltà e Governatore del Pio Monte della Misericordia e delle Real Casa di Sant’Eligio. Trasferitosi da Parigi a Roma nel 1861, divenne uno dei più ascoltati consiglieri di Francesco II, che in quell’anno lo insignì dell’Ordine di San Gennaro, acquistando nella vita di corte in esilio un’importanza sempre maggiore e attirandosi quindi invidie e gelosie. La scomparsa del Marchese Michele Imperiali lo fece diventare di fatto cerimoniere della corte in esilio, cosa che lo mise in urto col Generale De La Tour che, come Aiutante Generale del re, avrebbe voluto per se quella carica. Ritornato a Napoli dopo il 1870 divenne l’esponente più conosciuto del legittimismo borbonico, ricevendo nel 1896 dal Conte di Caserta la nomina onorifica di Maggiordomo Maggiore della corte napoletana. Croce lo ricorda come un colto e distinto gentiluomo, rispettato e riverito da tutti per la sua cortesia dei modi e l’inflessibilità delle convinzioni. Fotografia CDV. Fotografo: Sconosciuto. 1860 ca.

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Arc. 2185: Barone Giuseppe Canofari ( Aquila 23 Maggio 1809 – Parigi 20 Settembre 1872 ). Ricordato principalmente per essere stato il rappresentante napoletano a Torino dal 1851 al Luglio 1860, Canofari, inviso per forza di cose agli esuli da Napoli rifugiati in Piemonte, ha riscosso ben poca considerazione nella pubblicistica e nella storiografia risorgimentale. Duro e sprezzante di carattere era però un diplomatico dotato di capacità e di coraggio, che non esitava a sfidare l’emigrazione politica napoletana. Nominato aggiunto di legazione, Giuseppe Canofari era rimasto nei primi tempi a lavorare presso il ministero degli Esteri a Napoli, con la qualifica di uffiziale di II classe. Nel marzo 1840 andò all’estero come segretario di legazione facente funzione al seguito di Paolo Ruffo di Castelcicala, inviato a Londra come ministro plenipotenziario. Promosso nel febbraio 1848 segretario di legazione, rimase a Londra come incaricato d’affari nell’ottobre 1851, dopo il richiamo di Castelcicala andando a Torino nel luglio 1852 sempre come incaricato d’affari. I frequenti involontari incontri con gli emigrati napoletani lo misero diverse volte in situazioni alquanto imbarazzanti. Non riuscì a comprendere in tutti i suoi aspetti la politica di Cavour, ma avvisò in tempo, dall’inizio del 1860, dei preparativi Garibaldi a Genova per la spedizione in Sicilia. Promosso nel gennaio 1860 inviato straordinario e ministro plenipotenziario, Canofari era però troppo caratterizzato come antiliberale per poter rimanere a Torino dopo la concessione della Costituzione a Napoli. La sua sostituzione, ormai matura, avvenne con la venuta a Torino ul 16 luglio di Antonio Winspeare e Giovanni Manna. Il 20 agosto Canofari andò a Parigi per sostituire il dimissionario Antonini. E a Parigi rimase, prima come inviato straordinario e poi come rappresentante personale di Francesco II presso l’Imperatore. Negli anni seguenti continuò a essere per Francesco II un agente diplomatico in Francia, seguendolo nei suoi viaggi in Germania e Svizzera. Morì in un tragico incidente nella Place de l’Opera, travolto dai cavallo imbizzarriti della sua carrozza. Fotografia CDV. Fotografo: A. Bernoud – Napoli. 1860 ca.

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Arc. 2186: Giuseppe Gravina Y Requesenz Principe d’Altamente ( Palermo 18 Luglio 1834 – Napoli 24 Gennaio 1906 ). Fu uno dei molti aristocratici siciliani legati ai Borbone. Entrato nel servizio diplomatico nel 1852, cominciò la sua carriera come segretario aggiunto di legazione a Firenze, passando poi a fine agosto 1855 come segretario effettivo a Roma. L’incaricato d’affari a Roma era Giacomo Martino che nel giugno 1860 divenne ministro degli Esteri lasciando Altomonte a Roma come incaricato d’affari ad interim. Fu promosso effettivo nel marzo 1861 e inviato straordinario e ministro plenipotenziario a fine gennaio 1865. Altomonte si trovò così ad occupare un posto di grande importanza nella crisi finale del regno e nel periodo seguente in cui si nutrivano ancora speranze di restaurazione. Lo scioglimento del corpo diplomatico napoletano, deciso nel 1866 da Francesco II dopo la conclusione della guerra italo-austriaca, sia per ragioni economiche sia per il quasi generale riconoscimento del Regno d’Italia da parte delle grandi potenze europee, convinse il Principe d’Altamente a ritornare a Napoli. Allegando motivi famigliari chiese a Francesco II il consenso al ritorno patria, consenso che gli fu concesso con le più lusinghiere espressioni di apprezzamento per quello che aveva fatto in quel difficile incarico. I rapporti con Francesco II continuarono a lungo e il principe accompagnò innumerevoli volte il re nei suoi numerosi viaggi all’estero. Fotografia CDV. Fotografo: F.lli D’Alessandri – Roma. Foto scattata durante l’esilio di Roma. 1862 ca.

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Arc. 2187: Salvador Bermudez de Castro ( Cadice 6 Agosto 1817 – Roma 23 Maggio 1883 ). Ministro di Spagna presso la corte borbonica dal 1853 al 1864, don Salvador Bermudez de Castro fu definito da Raffaele de Cesare uno dei personaggi più antipatici e più vanitosi che la penisola iberica avesse mai prodotto. Inviso sia ai borbonici che ai liberali, fu uno dei consiglieri più ascoltati da Francesco II nella crisi finale del regno e nei primi anni dell’esilio romano. A Roma, oltre che consigliare politicamente Francesco II, s’interessò attraverso le sue conoscenze in patria a reclutare un certo numero di ex militari spagnoli, generalmente veterani carlisti, nel tentativo di dare un qualche inquadramento militare alle reazioni brigantesche. Il famoso Josè Borges, fucilato a Tagliacozzo dai bersaglieri piemontesi, fu uno di quelli.

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Arc. 2961: Monsignor Filippo Gallo Arcivescovo di Patrasso ( Trentola 27 marzo 1806 – Napoli 25 gennaio 1890). Fra i vari prelati alla corte borbonica Filippo Gallo, confessore del Duca di Calabria, poi Francesco II, e della Regina Madre Maria Teresa, ebbe una posizione preminente, sia per la carica che per l’influenza che seppe imporre. Vescovo di Bovino a quarantasei anni, fu insignito nel marzo 1858 di un titolo in partibus infidelium, quello di Arcivescovo di Patrasso in Acaia, che era stato in precedenza di monsignor Celestino Cocle., il confessore di Ferdinando II, morto nel 1857. Membro del Collegio dei Teologi e della Congregazione delle Missioni, Filippo Gallo era anche covisitatore dell’Arcidiocesi di Napoli. Rifugiatosi a Gaeta seguendo Francesco II nel settembre 1860, vi rimase fino alla capitolazione, e fu perciò decorato con la Medaglia di Gaeta, concessa a tutti i presenti durante l’assedio nella piazza. Quando Francesco II lasciò Gaeta il Vescovo Gallo s’imbarcò pure lui sulla “Muoette” per Civitavecchia, stabilendosi poi a Roma, dove continuò ad avere un suo ruolo nella vita della corte napoletana in esilio. Molto legato alla Regina Madre, simpatizzava per gli ultraborbonici ed era in continua corrispondenza con il fratello rimasto a Napoli, che faceva parte di un comitato segreto borbonico. Rientrato a Napoli dopo il 1870, fu arrestato nel giugno 1871 per sospette trame borboniche e scarcerato un mese dopo per un non luogo a procedere.

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Arc. 3179: Paolo Cumbo ministro per gli affari di Sicilia nel 1859 – 60. Fotografia CDV. Fotografo: Sconosciuto.

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Arc. 2182: Ettore Lucchesi Palli Duca della Grazia ( Palermo 18 Luglio 1806 – Brunsee 1 Aprile 1864 ). Entrò molto giovane in diplomazia e, dopo un breve periodo di servizio in Austria, fu inviato nel 1829 come segretario di legazione a Madrid e nel 1832 passò come incaricato d’affari nei Paesi Bassi. Nella crisi finale del regno di Napoli, mentre il figlio Adinolfo, ufficiale degli Ussari napoletani, prendeva parte alla difesa di Gaeta, il duca della Grazia svolse una certa attività diplomatica a titolo personale in aiuto dei Borbone, per cui fu decorato dal re con l’Ordine di San Gennaro. Cercò infatti nel 1861 di convincere gli austriaci a effettuare una certa pressione militare sul confine veneto in modo da impegnare una parte dell’esercito italiano e alleggerire così il sud, permettendo inoltre un punto di raduno in Dalmazia per gli ex ufficiali borbonici. Ma per timori di reazioni francesi e inglesi il governo austriaco non acconsentì. E anche la missione svolta nel 1861 a Berlino presso Guglielmo I di Prussia, il duca della Grazia non riuscì ad ottenere che buone parole.

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Arc. 2182: Laura Berio contessa Statella. Moglie del Generale conte Giuseppe Statella del Cassero. Seguirono i Borbone nell’esilio di Roma dove il marito divenne primo Cerimoniere e la Berio Dama di Compagnia della Contessa di Trani. Era sorella della Duchessa di San Cesareo Dama di Compagnia della Regina Maria Sofia. Fotografia CDV. Fotografo: F.lli D’Alessandri – Roma. foto scattata durante l’esilio di Roma.

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